Pensilina #4: Dentro la scatola
I passeggeri sembravano ormai rassegnati al fatto che fosse il conducente a decidere dove andare
Una delle mie cose preferite del viaggio è quella di conoscere nuove persone e i loro progetti di vita, per provare a prenderne spunto ed ispirazione o anche soltanto per riflettere sulle mie scelte e la mia direzione.
Nella campagna inglese, ad esempio, mi ha colpito la storia e le vibrazioni che mi trasmetteva una famiglia in particolare. Lei, donna forte ed intraprendente, pur essendo di buona famiglia ha deciso di lasciare tutto dopo la laurea e vivere off-grid in una farm nella giungla Indiana, dove ha incontrato lui, originario appunto dell’India e operante nel settore del design, con cui ha deciso di vivere per alcuni anni in una capanna di fango e paglia da loro stessi costruita senza l’aiuto di internet ma consultando qualche buon libro alla vecchia maniera. Insieme hanno avuto due figli – partoriti ovviamente into the wild perché, si sa, l’ospedale non è abbastanza selvaggio – uno di 9 e l’altro di 4 anni che sono cresciuti in India fino a 2 anni fa circa, momento in cui la famiglia ha deciso di trasferirsi in Inghilterra.
Ho avuto modo di stare a contatto e parlare abbastanza a fondo con questa famiglia e, seppure potrebbero essere definiti un po’ “hippie”, ne ho apprezzato molto la serenità che trasmettevano, l’intraprendenza e senso pratico derivati probabilmente dalla loro esperienza e il rapporto informale e genuino che vedevo esserci tra i genitori e i figli. Quest’ultimo aspetto, in particolare, è stato particolarmente interessante per me per riflettere su come vorrei crescere i miei figli in futuro - qualora avessi la fortuna di averne – e ho potuto constatare parlando con la madre che condividevo con lei diversi valori, come l’importanza per i genitori di non essere troppo autoritari, di dare il buon esempio pratico e di cercare di stimolare le attività all’aria aperta. Anche nell’ambito dell’istruzione, ad esempio, ci siamo trovati abbastanza in linea, in quanto entrambi siamo favorevoli al concetto di “homeschooling” - quella che in italiano si chiamerebbe un po’ impropriamente “scuola parentale” - in quanto concordiamo sul fatto che l’istruzione scolastica così come siamo abituati a pensarla sia molto inefficiente nel migliore dei casi e deleteria negli altri (ne ho parlato più approfonditamente in un Excursus).
E’ stato interessantissimo vedere quella che per me, non avendo ancora procreato, era un’idea soltanto teorica concretizzata nella vita di tutti i giorni, con il figlio di 9 anni che ha soltanto di recente deciso, senza che gli venisse imposto alcunché, di andare alla scuola pubblica – scelta dettata dal fatto che in quella zona è molto difficile farsi degli amici in altro modo per la bassa densità abitativa – dopo alcuni anni di homeschooling - o meglio di qualcosa più vicino all’“unschooling” all’indiana, con i bambini che sono lasciati liberi di imparare, seppure sempre accompagnati dai genitori, ciò che è di loro interesse. E’ stato sorprendente venire a conoscenza del fatto che questo bimbo, nonostante avesse iniziato scuola due anni in ritardo, non avesse avuto alcuna difficoltà a mettersi in pari e anzi fosse ora considerato uno degli alunni più brillanti, così come che la madre stesse cominciando a notare alcune insofferenze ed influenze negative che secondo lei derivavano dall’ambiente malsano in cui si trovava per diverse ore al giorno.
Di grande valore è stato anche il fatto che questa donna, vedendoci interessati al tema, ha invitato me e la mia ragazza ad uno degli incontri tramite cui i genitori di vari bambini che non andavano a scuola si organizzavano per trovare dei momenti in cui potessero giocare e socializzare tra loro e a cui lei portava il secondo figlio, quello di 4 anni. Ho avuto così modo di parlare con altre persone con idee simili – e devo dire tutte abbastanza tendenti all’hippie, motivo per cui probabilmente dovrei considerarmi tale a dispetto dell’assenza di dreadlock o “rasta” nei capelli – che mi hanno fatto riflettere sulla discrepanza tra la convinzione a cui siamo comunemente indotti - e cioè che senza l’obbligo di andare a scuola i bambini non avrebbero i giusti stimoli ad imparare - e la consapevolezza naturale di chiunque abbia mai visto un bambino anche solo da lontano di quanto esso sia l’essere più curioso esistente, soprattutto se correttamente incentivato ed accompagnato.
Di queste persone mi ha colpito inoltre la serenità e la sicurezza nella loro convinzione che, siccome gli individui educati secondo questi principi avrebbero avuto maggiore successo nella loro vita in termini di soddisfazione personale, tale approccio avrebbe nel lungo periodo prevalso rispetto all’istruzione classica.
Quest’ultimo è secondo me il punto cruciale, specie in presenza di idee discordanti.
Sono fermamente convinto del fatto che, in questo come in altri aspetti della vita, non si possa sapere a priori quale sia il migliore approccio da adottare, così come del fatto che il modo in cui l’uomo sia progredito nella storia sia stato molto più merito della sperimentazione di diverse soluzioni piuttosto che dell’imposizione di standard condivisi. Mi affascina il fatto che le persone possano essere libere di sperimentare secondo le proprie idee e responsabilizzate di quelli che saranno i risultati che ne scaturiscono. In tal modo, se un approccio risulterà davvero più conveniente e di successo, non ci sarebbe bisogno di nessuna costrizione affinché le persone lo riconoscessero e decidessero di adottarlo. Omologare forzatamente tutti o la maggior parte degli individui verso un’unica via porta con sé un grande rischio nel caso questa presenti degli effetti negativi che non erano stati presi in considerazione. Specie se si parla di qualcosa che forma quasi irrimediabilmente il nostro carattere, le nostre abilità e la nostra capacità di vivere in società.

Grazie per questa tua condivisione di esperienza e di riflessioni.
Si può essere di ampie visioni anche in giacca e cravatta, se vuoi :-)
Quante volte ho pensato di lasciare la città e andare in alta montagna a lavorare all'aria aperta insieme agli animali. Non è facile, ma nemmeno stare in città e fare un lavoro che non piace.